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Madonna con il Bambino
(Venezia, 1430-1435 ca. – Ascoli Piceno, 1494-1495)
- data
- 1470
- sede
- Palazzo Buonaccorsi
- collocazione
- Primo piano / sala 3
- tecnica
- Tempera e oro su tela, 60,8 x 41,5 cm
- n. inventario
- 35
- tipologia
- Pittura
Descrizione
La Madonna con il Bambino di Carlo Crivelli presenta Maria con lo sguardo rivolto all’astante mentre sorregge il Bambino che va a stringersi al suo collo secondo un prototipo di matrice fiorentina diffuso in ambito veneto. Indossa un leggerissimo velo bianco appuntato sul capo, un abito rosso damascato e un prezioso mantello ampiamente decorato su cui spicca l’ottogramma, la tipica Stella di Betlemme, simbolo dell’equilibrio tra spirito e materia.
Il Bambino è coperto da una tunichetta gialla raccolta in vita da una fascia celeste annodata sul retro e il suo biondo capo è circondato da un’aureola crociata. La delicatezza dei lineamenti del volto della Vergine fa pensare a suggestioni umbre, la cura di alcuni dettagli evoca invece rimandi fiamminghi, ma in ogni alternanza dialettica si apre una visione mistica che è l’essenza crivellesca di un linguaggio proiettato verso una costante ricerca di nuove soluzioni formali.
L’opera mostra i segni della corniciatura ovale ottocentesca rimossa nel restauro del 1914 (Donati, Laskaris 2007, p. 70) quando la ripulitura del fondo azzurro ha fatto riaffiorare l’originale drappo rosso marezzato, usato dall’artista in area marchigiana esclusivamente nei polittici di Massa Fermana (1468) e Porto San Giorgio (1470).
La sua condizione di frammentarietà e la presenza di una dibattuta iscrizione hanno portato negli anni a numerose interpretazioni sulla datazione, sulla provenienza e sulla conformazione originaria dell’opera. Tradizionalmente prevale l’identificazione fornita da Luigi Lanzi, il quale la indicava nella chiesa dei Minori Osservanti a Macerata (Santa Croce), sopravvissuta all’incendio del 1799 appiccato dalle truppe francesi (Lanzi 1789; Zampetti 1986; S. Papetti, in De Vecchi 1997). Lanzi nel 1783 descrisse infatti nella chiesa una tavola raffigurante “[…] Nostra Signora in trono fra 4 Santi pittura creduta di Pietro Perugino con predella di alcuni misterj della vita di Cristo creduta della scuola di Raffaello: in alto un Padre Eterno col nome come sopra che spiega il vero autore del tutto” (Lanzi 1783). Si sa con certezza che nel 1837 era collocata nel Palazzo Comunale dove restò fino al 1867 quando venne trasferita nell’antica Pinacoteca allestita all’interno della Biblioteca Comunale. Qui fu indicata dai commissari governativi Cavalcaselle e Morelli, i quali ne annotarono la natura su tela, rilevarono le misure e concordarono con l’ipotesi di Lanzi sulla collocazione originaria (Cavalcaselle, Morelli 1894-1895).
Pochi anni prima lo storico Amico Ricci nei suoi scritti vi indicava la presenza dell’iscrizione “karolus crivellus venetus pinsit 1470 fermis” (fig. 1; Ricci 1837 circa), ritenuta un falso ottocentesco da Lightbown (2004, pp. 379-382) il quale per ragioni stilistiche rimandava la realizzazione del dipinto alla fine degli anni ottanta. Zampetti (Carlo Crivelli e i crivelleschi 1961, pp. XXX-XXXII) avvicinava l’opera di Macerata al polittico del duomo di Ascoli del 1473, seguito da Mauro Minardi (2012, pp. 336-338), che l’ha accostata al polittico di Montefiore e alla Madonna del Metropolitan Museum di New York, proveniente da Fermo e datata 1472. Danielle Carrabino (in Ornament an Illusion 2015, p. 181) la collocava invece alla fine degli anni Settanta, contrariamente a Papetti (2006, pp. 116-117) e Coltrinari (2011, pp. 114-115, n. 6) per i quali la datazione 1470 è testimoniata dalla scritta.
Ronald Lightbown (2004, p. 383) ha anche supposto che potesse essere parte di un piccolo trittico o polittico di ridotte dimensioni insieme alla Pietà del Fogg Art Museum già nella collezione Caccialupi di Macerata. Teoria espressa con cautela anche da Zampetti e da Papetti ma respinta da Minardi (2012) e da Coltrinari (si veda il saggio di Francesca Coltrinari in catalogo e cat. 4).
È certo che, se si accoglie la descrizione fornita da Lanzi nel 1783, il gruppo sacro rappresentato dalla Madonna con il Bambino e quattro santi sarebbe stato sormontato non dalla figura della Pietà ma da quella dell’Eterno, come nel Primo Trittico di Valle Castellana ora nella Pinacoteca Civica di Ascoli (si veda anche il mio saggio in questo catalogo). Papetti invece interpreta questo frammento non come parte di un polittico, ma come residuo di una sacra conversazione con la Madonna in trono, di forma quadrata sormontata da una lunetta, secondo il modello eseguito per Matelica da Palmezzano (S. Papetti, in “L’aquila e il leone” 2006, pp. 116-117).
È da segnalare infine che il recente restauro effettuato in occasione della mostra “Le relazioni meravigliose” (Macerata, Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, 7 ottobre 2022 – 12 febbraio 2023) non solo respinge l’idea di una prima vita dell’opera su legno, quindi di un suo successivo trasporto, ma la definisce come l’unico lavoro documentato su tela eseguita da Carlo Crivelli.