Scheda opera

Ricerca avanzata

Seleziona una voce per filtrare la tua ricerca.

Mercurio che sveglia Enea

data
1712 - 1714
sede
Palazzo Buonaccorsi
collocazione
Primo piano/ Galleria dell'Eneide/ sala 14
soggetto
Eneide
tecnica
Olio su tela, 246 x 147 cm
n. inventario
D 139
tipologia
Pittura
scuola
Bolognese
percorso
Arte Antica

Descrizione

Nel dipinto è raffigurato il momento in cui Enea, addormentatosi sulla poppa della nave, viene svegliato da Mercurio che lo ammonisce a lasciare Cartagine e lo incita a riprendere il viaggio. Il soggetto rappresentato si riferisce all’episodio del IV libro dell’Eneide di Virgilio (vv. 554-570). L’eroe è avvolto nel suo manto rosso vivo, abbigliamento distintivo che ricorre in tutti i dipinti del ciclo.

Mercurio, una delle dodici divinità dell’Olimpo, è riconoscibile per i suoi consueti attributi: un copricapo con due ali, chiamato petaso, il caduceo, una verga magica recante due serpi intrecciate e calzari alzati delineati con leggere pennellate. I colori hanno tonalità prevalentemente fredde. Il pittore infatti sceglie il momento dell’Aurora per ambientare la scena, quando la luce è cristallina e fa risaltare la lucentezza dei metalli.

L’artista nel suo libro di spese annota che il giorno 10 settembre del 1713 riceve un acconto per la tela di Macerata con “Mercurio che sveglia Enea”. L’opera viene poi completata nel 1714.

Marcantonio Franceschini, allievo di Carlo Cignani, fonda nel 1683 una propria bottega a Bologna e si afferma come uno dei protagonisti indiscussi della pittura bolognese tra Seicento e Settecento, attivo in numerose città emiliane, ma anche a Genova e a Roma.

Il dipinto rientra nelle quattro tele affidate da Raimondo Buonaccorsi a pittori della scuola bolognese, accanto alle opere di Giovanni Gioseffo Dal Sole, Giuseppe Gambarini e Giovanni Giorgi, esposte nella Galleria dell’Eneide. Venduto negli anni Sessanta e confluito nel mercato antiquario, venne riacquistato dallo Stato nel 1974, restaurato e destinato alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino. In seguito è stato concesso in deposito a Palazzo Buonaccorsi con altre tele del ciclo virgiliano.