Approfondimenti

San Giuliano Ospitaliere: alle origini della festa del patrono di Macerata

 - Musei Macerata

– O mamma, che cce crómbi? – ‘N accidènde! 
– Jesu-Madonna, quanto si cattìa…!
– Adè la Fiera e non ce paghi gnènde?
– Du’ ciuffulitti: lesti, a tira’ vvia…!
– E chi la vole, ‘ssa schijfenzaria? 
– Io vollo jimme a fa’ la pemmanende…
– Io vojo un trenu co’ la firuvia…
–Vojo ‘na Radio grossa, ordrepotende. 
– Vojo li Sci… – E io te doi li nòne! 
– …e sse no’ mme li piji, un par de Sci…, 
tiro a mmattonate a le persone…!
– Se no’ mme paghi ‘na mutucicretta, 
lagghjò casa te faccio cassitì’
e, quann’è scuro, fugghjio co’ Llisetta! 

La colorita conversazione tra madre e figlio appena letta – raccontata rigorosamente in dialetto locale dal poeta maceratese Manlio Affede nel 1938 (Binni 1987, 71) – ci introduce alla fiera de San Gnulia’, per citare il titolo della poesia d’apertura, quando ancora oggi tutti i bambini attendono con trepidazione il dono di un giocattolo – come il tipico fischietto in terracotta –,  l’assaggio di un gelato o un giro per le giostre. 

Il 31 agosto ricorre la festa del patrono di Macerata, giorno in cui tutta la comunità organizza grandi festeggiamenti in onore di San Giuliano Ospitaliere, protettore dei pellegrini e viandanti (Figura 1). L’istituzione ufficiale dell’evento risale al 1396, menzionato nei documenti come «Festa di San Giuliano Capo e Duca del Comune degli uomini e della città di Macerata» (Foglietti 1885, II, 5). Nel corso del tempo, tuttavia, la tradizione locale è andata incontro a numerosi mutamenti: in principio la festa non cadeva in tale data e l’Ospitaliere non è stato l’unico San Giuliano, però si è sempre mangiata la papera!

Le origini del culto

Come dimostrato ampiamente dallo studioso Febo Allevi, il culto del patrono affonda le sue radici nella religione pagana quando era viva l’adorazione di riferimento lo studioso individua Cibele, la dea delle messi che viaggia su un tiro di leoni.  É plausibile che in età tardo-imperiale la divinità sia stata venerata a Helvia Recina, antico centro piceno affacciato sulla via Salaria Gallica e sul fiume Potenza, divenuto nel III sec. a.C. colonia romana e in età medievale nucleo costitutivo dell’insediamento maceratese (Allevi 1992, 655-657). 

Accanto alla matrice pagana, alle origini del culto cristiano si colloca soprattutto la figura dell’omonimo Santo di Antiochia d’Egitto, noto come San Giuliano Martire. Condannato a morte per la conversione della moglie e del figlio del governatore Marciano nel 304 d.C., l’Antiocheno risulta venerato presso il Podium Sancti Iuliani a partire dal VI sec. d.C. Tra le attestazioni più rilevanti, si ricorda che la Pieve di San Giuliano è stata  costruita tra il VIII e IX sec. d.C. nel luogo in cui oggi sorge il Duomo di Macerata della cui originaria struttura è rimasto soltanto un prezioso capitello (Pietrella 2010, 31) (Figure 2-3). Intorno alla fine del XV sec., si data invece l’altare degli Aurispa dedicato ai Santi Martiri Antiocheni Giuliano e Basilissa nella vicina Chiesa di S. Agostino, odierna Chiesa della Madonna della Misericordia (Gentili 1988, 20).

Capitello dell'antica Pieve di San Giuliano - Musei Macerata
Figura 2 – Capitello dell’antica Pieve di San Giuliano; fotografia eseguita da Carlo Balelli intorno al 1970 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.
Facciata della Basilica della Madonna della Misericordia e del Duomo - Musei Macerata
Figura 3 – Facciata della Basilica della Madonna della Misericordia e del Duomo; fotografia eseguita da Carlo Balelli intorno al 1970 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.

La leggenda dell’ospitaliere

In questa duplice ben solida tradizione classica e cristiana si inserisce la leggenda del cavaliere di Ath – città francofona dell’odierno Belgio – vissuto nel VII sec. d.C. e conosciuto con il nome di San Giuliano Ospitaliere. Di provenienza nordica e datata dopo il Mille, la sua storia colpisce per l’eccezionale drammaticità. 

Durante una battuta di caccia, il signore riceve da una cerva una terribile predizione: avrebbe causato la morte dei suoi genitori. Per sfuggire al suo destino si allontana dalla casa paterna e decide di sposarsi in Galizia. Dopo una lunga ricerca i genitori riescono finalmente a trovarne la dimora, così, in assenza del figlio – nuovamente a caccia – i due vengono fatti accomodare dalla moglie in casa. La fatalità non tarda ad arrivare, come si legge nel seguente racconto, testimonianza del più vivo folklore marchigiano (Binni 1987, 30): 

Mentre Julià stava a càccia 
Fu tendatu dar diàvulu, che je disse: 
– Julià’, vanne a casa, ché tu móje 
Sta a lléttu con u’ pellegrinu –. 
[…]
Julià’ jètte a casa; pijò la spada 
E a tutti e du’ la testa je tajò. 
Mendre Julia’ scappava via, 
la móje che rvinìa da lu puzzu, 
lu chiamò. – Stai qui tu farza, cattia? 
Cridìo ch’aderi morta, ‘mmece si viva. 
– Julià’, ‘na nova, ‘na novella 
Te vòjo da’: tu matre e tu’ patre 
l’ho misti a léttu a repusare –. 
– L’ho visti e l’agghjo toccati; 
a tutti ddui lu capu j’ho struccati –. 

Amaro è il destino del protagonista, il quale, dopo l’uccisione involontaria dei genitori, decide di votarsi ad una vita in penitenza con la moglie. Dalla Galizia, dopo numerose peregrinazioni, giungono in Italia fino ad arrivare all’allora Macerata, da dove vengono cacciati (Figura 4).

Veduta di Porta di San Giuliano - Musei Macerata
Figura 4: Veduta di Porta di San Giuliano; fotografia eseguita da Alfonso Balelli intorno al 1912 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.

Il seguito della vicenda è riferito da Jacopo da Varazze nel capitolo della Legenda Aurea dedicato al Santo che «con giubilo tende alle cose del cielo» (Jacopo da Varazze ed. 1995, 174): 

Si ritirarono allora insieme sulla riva di un grande fiume, dove molta gente rischiava la vita per attraversarlo; lì costruirono un grandissimo ospedale e facevano penitenza, occupati senza sosta a traghettare quelli che volevano passare il fiume e a dar ricovero a tutti i poveri.

Credenza vuole che il corso d’acqua su cui sarebbe stata eretta la domus ospitalis sia stato proprio il vicino Potenza (Figura 5). 

San Giuliano traghettatore dal ciclo di affreschi sulla Vita di San Giuliano Ospitaliere per la volta della navata centrale del Duomo di Macerata realizzati da Ciro Pavisa - Musei Macerata
Figura 5: San Giuliano traghettatore dal ciclo di affreschi sulla Vita di San Giuliano Ospitaliere per la volta della navata centrale del Duomo di Macerata realizzati da Ciro Pavisa; fotografia eseguita da Carlo Balelli intorno al 1970 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.

Una notte l’Ospitaliere viene chiamato dalla voce di un lebbroso da lui sfamato, dissetato e riscaldato con il suo mantello. Poco dopo accade il prodigio: il bisognoso si rivela un angelo inviato da Gesù per riferire che il suo pentimento è accolto. Secondo la spiegazione di Bruno Itri, Gesù-lebbroso simboleggia l’intera umanità sofferente e pertanto, accogliendo lui, è come se il protagonista avesse accolto tutti i poveri e derelitti del mondo, sublimando in un episodio la più ampia attività misericordiosa attribuitagli nelle altre narrazioni (Flaubert ed. 1994, 28, n. 18). La vicenda termina in gloria poiché, dopo una lunga vita vissuta in penitenza, San Giuliano sale in cielo seguito dalla moglie (Figura 6). 

Morte di San Giuliano Ospitaliere dal ciclo di affreschi sulla Vita di San Giuliano Ospitaliere per la volta della navata centrale del Duomo di Macerata realizzati da Ciro Pavisa - Musei Macerata
Figura 6: Morte di San Giuliano Ospitaliere dal ciclo di affreschi sulla Vita di San Giuliano Ospitaliere per la volta della navata centrale del Duomo di Macerata realizzati da Ciro Pavisa; fotografia eseguita da Carlo Balelli intorno al 1970 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.

Tale è la leggenda dell’Ospitaliere, che a poco a poco sembra soppiantare il culto del Martire entro l’orizzonte geografico della valle potentina e soprattutto del Poggio maceratese. In altri termini, durante il Medioevo feudale e guerriero del XIV sec., Macerata mette in atto un graduale processo di sostituzione per analogia onomastica. Da un lato, questo è favorito senz’altro dall’attività di perfezionamento dell’ospitalità in rapporto agli ostacoli esistenti per i pellegrini lungo la Via Lauretana. Dall’altro, una ragione ancor più evidente risiede nel rinvenimento del Braccio di San Giuliano; il 6 Gennaio del 1442, al termine della messa celebrata dal vescovo Nicolò dell’Aste, viene miracolosamente rinvenuta un’urna contenente il braccio sinistro del Santo, accompagnato da una pergamena con la seguente didascalia: «hoc est brachium sancti juliani qul patrem et matrem interfecit» (Allevi 1992, 669). 

La festa patronale

Per ricostruire la storia del culto cittadino, un’altra tappa significativa si data all’anno 1513, quando la festa di San Giuliano è spostata da metà gennaio all’ultimo di agosto. Nel Libro dei Decreti si riferisce:  

Sembrando più opportuna la stagione e ponendosi con minor danno e maggior decoro celebrare la festa, il Capitolo dei Canonici e dei Preti della Collegiata della Cattedrale e Vescovile Chiesa di S. Giuliano chiede che la festa di S. Giuliano venga celebrata di estate e nel giorno ultimo di agosto, nel qual giorno è propiamente la festa dello stesso gloriosissimo S. Giuliano e si può arrichire più convenientemente la festa di quello che in tempo d’inverno, nel quale i giovani hanno ardito di commettere cose disoneste (Foglietti 1885, II, 10). 

Dalla lettura si evince che, in precedenza, le manifestazioni sono state tanto libere e licenziose da richiamare alla memoria il ricordo di antiche festività romane – come ad esempio i Saturnalia prima delle Calendae di Gennaio – quando si abbandonava totalmente il buon costume. La prescrizione si inasprisce nel 1543 quando viene imposto che le donne non dovessero stare neanche sulle porte delle case il giorno della vigilia e della festa stessa (Foglietti 1885, II, 10). 

All’originale ricorrenza nel primo mese dell’anno, Allevi ricollega anche il potere d’intervento di San Giuliano nel campo dell’ars amatoria. Invocando l’Ospitaliere e facendo un particolare movimento del palmo della mano, il credo popolare vuole che si possa persino accelerare l’arrivo della persona amata (Allevi 1992, 687).

Nonostante la modifica del calendario liturgico e la volontà di sradicare alcuni caratteri della festa alcune consuetudini non cambiano. Considerando un aspetto della tradizione che sta molto a cuore ai maceratesi – quello gastronomico – rimane immutata la presenza della papera in ogni mensa cittadina il giorno della festa del patrono. Quando San Giuliano è diventato patrono l’uso della papera ha soppiantato la precedente tradizione della carne di fagiano, consumata durante le antiche festività di epoca romana. 

San Giuliano veglia su Macerata e i suoi abitanti

Nel mese di gennaio è rimasto anche il rito religioso della elevazione di una grande stella in fondo all’abside del Duomo. Il momento liturgico è destritto da Domenico Spadoni nel componimento La stella de Sa’ Gnulia’ del 1935 riportando il dialogo tra una madre e il suo bambino (in Binni 1987, 70): 

O ‘Giustinucciu, se tu ffai  lu vónu
Mamma te porta ‘mmo a vedé la stella 
Che pe’ Sa’ Gnulià’ s’arza jó ar Dòmu. 
Vederai, fiju miu, se quando è bbella!
Scì, Ma’: pòrteme sùbbeto a vvedella: 
Io te caminu lèstu comme ‘n òmu. 
– Jamo. – O Ma’: dimme, Mamma. Che: anghe quella 
De li preti se ‘nnarza co lu jómu?…
– Fa ‘r signu de la croce: c’è Gisù…
– ‘N doèlli, Ma’ … – Sssc… – O Ma’, vojjo vedèlli
Li preti con la stella, arzeme su!…
– Ih, comme fa vee!…Quandi lummelli!…
–Vidi,, coccu: Gisù, se ffai lu vonu, 
Su ‘m Baradisu ci ha sti jocarelli…

La stella che rappresenta l’ardore della fede e della carità – la stessa incrollabile che sempre ha avuto San Giuliano durante le sue penitenze – viene invocata come benedizione dall’Ospitaliere prima di ascendere in Paradiso nella Storia redatta da Don Silvio (Ivi, 41): 

Pria che m’accogli fra i tuoi dolci santi,
disse o gran Dio riguarda con amore
Macerata gentil che siede bella 
lassù fra il verde. L’amerò di cuore 
Sempre, Signore! d’ogni ria procella 
lo strepito funesto tu allontana; 
falla di carità fulgente stella. 

Il Santo patrono veglia dunque sulla città, rimanendo accanto a ogni cittadino in qualità di protettore di albergatori, barcaioli, traghettatori, giostrai, osti, addetti alle mense, cacciatori, pellegrini e, in generale, viaggiatori (Figura 7). Inoltre, il suo dramma personale fatto di peccato, pentimento e redenzione colpisce ciascuno, così come il suo carattere e comportamento in cui è possibile riconoscersi. In sintesi, per riprendere la definizione di Goffredo Binni, San Giuliano Ospitaliere si configura pertanto come il tipico santo popolare, «considerato anzitutto un uomo con le sue passioni, le sue ire, le sue smanie, le sue irruenze, la sua istitiva violenza, le sue paure, la sua generosità, il suo dolore, il suo rimorso» (Binni 1987, 11).

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Figura 7: Arrivo di San Giuliano al fiume Potenza dal ciclo di affreschi sulla Vita di San Giuliano Ospitaliere per la volta della navata centrale del Duomo di Macerata realizzati da Ciro Pavisa; fotografia eseguita da Carlo Balelli intorno al 1970 ca., Macerata, Biblioteca comunale Mozzi-Borgetti.

Progetto: Servizio Civile Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi 
Testo: Elena Moscara
Coordinamento Scientifico: Giuliana Pascucci

Per approfondire

F. Allevi, San Giuliano ospitaliero: il patrono maceratese fra storia, traduzione e leggenda, in Assistenza e ospitalità nella Marca medievale (Atti del XXVI Convegno di Studi Storici Maceratesi, San Ginesio, 17-18 novembre 1990), Macerata 1992 (Studi Maceratesi, 26). 

G. Binni, De Sancto Juliano, Macerata 1987. 

G. Binni, Maceratensis patroni sancti Juliani imagines, Macerata 1988. 

S. Breccia, I dipinti di Ciro Pavisa nella Cattedrale di Macerata, in G. Barucca (a cura di), Le cattedrali. Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia, Macerata 2010, pp. 71-74.  

G. Flaubert, La leggenda di San Giuliano l’Ospitaliere, a cura di B. Itri, Roma 1994. 

R. Foglietti, Storia per uso del popolo di San Giuliano l’ospitatore patrono principale di Macerata, Macerata 1885. 

O. Gentili, Appendice. Il culto di San Giuliano a Macerata, in G. Binni, Maceratensis patroni sancti Juliani imagines, Macerata 1988. 

Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, a cura di A. Vitale Brovarone, L. Vitale Brovarone, Torino 1995. 

E. Pietrella, La storia religiosa della Cattedrale di San Giuliano di Macerata, in G. Barucca (a cura di), Le cattedrali. Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia, Macerata 2010, pp. 31-40.