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Immagine astratta disegnata a mano di ballerine moderne - Musei Macerata

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I musei del futuro: tra arte e attività performative

I profondi cambiamenti che l’istituzione museale ha subito recentemente, in un tempo abbastanza breve, hanno messo in discussione la natura stessa di un organismo tipicamente statico e poco reattivo, a volte legato a rituali e procedure quasi secolari.

A dire il vero, nell’ultimo scorcio del ‘900 e in parte del nuovo secolo, lo spazio espositivo si era trasformato in un contenitore piuttosto neutro ed asettico, caratterizzato da convenzioni formali, a cui si erano adeguati inevitabilmente anche i fruitori. Questa sorta di “limbo artificiale” era stato provocatoriamente definito white cube (come la sala d’aspetto di un ufficio pubblico o di un ospedale) da alcuni critici e storici dell’arte, quali p.e. Brian O’Doherty e Claire Bishop, nei loro scritti acuti e pungenti. Ma, a ben vedere, ancora oggi molte delle mostre di gallerie, Fondazioni e musei sono organizzate seguendo questa impostazione minimalista, funzionale ad un turismo di massa.

Per fortuna e grazie alla capacità di innovazione di lungimiranti curatori e galleristi la situazione è cambiata nel volgere di pochi anni. In particolare, l’introduzione e l’incorporazione di danza contemporanea, attività performative e nuove tecnologie hanno consentito di trasformare lo spazio museale in un ambiente multiforme, diversificato e interattivo. Queste trasformazioni hanno avuto effetti significativi e sostanziali su tutte le pratiche museologiche ed espositive.

L’idea originaria della danza contemporanea era quella di mettere in discussione i rigidi schematismi e i formalismi della danza classica, restituendo ai corpi dei danzatori piena libertà creativa. Nel tempo, l’incontro tra artisti con formazioni ed esperienze diverse e la loro influenza reciproca hanno dato origine ad una molteplicità di contaminazioni. Queste vengono sintetizzate comunemente con il termine, piuttosto generico, di attività performative, ma il loro elemento portante è e rimane comunque la danza. Infine, quel desiderio o, meglio, necessità di libertà espressiva che riguardava propriamente l’aspetto coreutico si è via via ampliato, fino a coinvolgere sia il contenitore che i fruitori. Questa operazione di “democratizzazione” che ha interessato esecutori, partecipanti e luoghi, è diventata forza propulsiva all’interno delle istituzioni museali, cambiandone essenza e criteri di organizzazione. In sostanza, gli spazi espositivi che operano con questo approccio non hanno più al centro gli oggetti o le collezioni, ma i fruitori e le loro comunità, in linea con l’ultima definizione di “museo” che l’ICOM (International Council of Museums) ha rilasciato a Praga nell’agosto del 2022. Qui di seguito, alcuni esempi di integrazione tra spazi museali e attività performative:

Corpi Liberi

Nel 2018 la Fondazione Palazzo Strozzi, all’interno del suo programma di promozione dell’accessibilità, ha introdotto il progetto denominato “Corpi Liberi”, che deriva da una costola di Dance Well, sviluppato a Bassano del Grappa nel 2013.

Entrambe le iniziative si pongono come obiettivo primario quello di sensibilizzare e promuovere l’inclusione di soggetti affetti dal Morbo di Parkinson e di dar forma, attraverso l’interazione tra danza e arte, ad una comunità intergenerazionale, diversificata e in sintonia. Tutto questo è stato favorito e reso possibile dall’atmosfera suggestiva dello straordinario edificio fiorentino. Ed è proprio qui che ha preso vita “Corpi Liberi” tra dipinti, opere d’arte e installazioni davanti ai quali, con l’aiuto di professionisti facenti parte del settore coreutico ed artistico, si è creata questa nuova dimensione. È importante precisare che il progetto non ha carattere curativo ma educativo. In pratica, all’interno delle tradizionali esposizioni d’arte realizzate dalla Fondazione, sono stati organizzati incontri dedicati ai Parkinsoniani, con il supporto dei citati professionisti, ai quali chiunque può parteciparvi. Lo scopo è quello di creare un benessere collettivo che possa estendere i suoi benefici a livello individuale.

Dancing Museum

Questo progetto è stato realizzato nell’ambito del programma Creative Europe, sviluppato dalla Commissione Europea al fine di salvaguardare, sviluppare e promuovere il patrimonio culturale europeo, nelle sue diversità. In particolare, l’obiettivo di Dancing Museum è quello di andare ad esaltare il ruolo che le live performance hanno all’interno del contenitore museo. Esse non solo favoriscono l’interscambio tra danza e arte tout court, ma anche un nuovo modo di fruire l’arte. Inoltre. questo consente di mettere in luce quei dettagli che, forse, erano prima invisibili al pubblico.

Il progetto si è sviluppato in due fasi:

  • Una prima fase, frutto di una ricerca biennale (2015-2017), intitolata Old Masters – New Traces che si è focalizzata sul ruolo e sull’evoluzione del pubblico. Non più spettatore passivo ma co – produttore dell’azione performativa.
  • Una seconda fase The Democracy of Beings (2018 – 2021) che ha messo in evidenza come la danza potesse fornire nuove prospettive nel mondo dell’arte.
  • Il Museo Buonaccorsi è sicuramente una delle istituzioni che, a livello nazionale, più si è dedicata all’integrazione tra arte ed attività performative. Qui di seguito, ricordiamo in breve alcuni suoi progetti:
  • Dialogues di Michela Paoloni: è un’indagine sulla connessione tra il corpo e la creazione artistica. In particolare, in Dialogues n.2 vediamo la performer in relazione con l’opera “Riser” dell’artista americano Wayne Timm.
  • IAM: è uno short dance film in cui danza, arte e cinema diventano un unicum. Si ispira al dipinto “Le nozze di Bacco e Arianna”, collocato nella Galleria dell’Eneide dello stesso museo.
  • Paramòrfosi di Letizia Francioni: analizza gli effetti della pandemia e di come, in quegli anni, ci siamo affidati in maniera morbosa all’uso delle tecnologie, per cercare di mantenere un contatto con il mondo esterno. Tale performance ci incoraggia a risanare la distorsione sui nostri corpi, prodotta dalla pandemia, riconnettendoci con la nostra essenza interiore.
  • Le Vent Noir di Susanna Beltrami: performance ispirata agli scritti di Gaston Bachelard, studioso francese che ha contribuito al pensiero semiotico e psicoanalitico.

In conclusione, tali progetti ci mettono in evidenza come la performance e la danza abbiano plasmato lo spazio museale rendendolo dinamico e in costante evoluzione. Ed è proprio seguendo questo approccio che si potranno costruire i musei del futuro.

Progetto: Musei in danza
Testo: Laura Paraggio – Accademia Belle Arti di Firenze
Coordinamento scientifico: Giuliana Pascucci