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Copertina della mostra Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei - Musei Macerata

Mostre

Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei

Dal 28 giugno 2024 al 12 gennaio 2025 la nuova mostra “Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei”, a cura di Elsa Barbieri, Massimo Francucci e Giuliana Pascucci, verrà allestita nelle sale dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi.

Con oltre 60 opere che accostano maestri del passato e artisti del presente, italiani e internazionali, la mostra vuole dare una riflessione inedita sulla ritrattistica settecentesca e contemporanea.

In mostra 

In mostra dialogano opere di autori settecenteschi – Pier Leone Ghezzi, Sebastiano Ceccarini, Carlo Magini -, artisti contemporanei – Evgeny Antufiev, Eduardo Arroyo, Matthew Attard, Joseph Beuys, Marco Cingolani, Michelangelo Consani, Fabrizio Cotognini, Enzo Cucchi, Thomas De Falco, Antony Gormley, Maggi Hambling, Diango Hernández, Leiko Ikemura, Jiri Kolar, Mark Manders, Annette Messager, Fulvio Morella, Roman Opalka, Laura Paoletti, Vettor Pisani, Carol Rama, David Reimondo, Klaus Rinke, Kiki Smith -, insieme alle prestigiose collezioni del museo, in particolare autori del ‘900 fra cui Nanda Vigo, Osvaldo Licini, Aligi Sassu, Luigi Bartolini, attraverso un percorso espositivo che si snoda lungo tutti i piani e le affascinanti sale di Palazzo Buonaccorsi

Un originale incontro artistico dal Settecento, il Secolo d’oro della ritrattistica marchigiana al Contemporaneo, che traccia le traiettorie di studio di quanto la percezione visiva – di un ritratto – sia frutto di un processo di selezione, integrazione e intuizione in cui intervengono, oltre alla facoltà visiva, il dato reale, la coscienza, l’adesione affettiva, la memoria individuale e la messa a fuoco morale.

Quando guardiamo un ritratto pensiamo di vedere un individuo, sembra ovvio: il ritratto è, secondo una definizione tanto corretta quanto semplice, la rappresentazione di una persona considerata di per sé stessa. Ma quale connessione esiste fra le pratiche del ritratto – sia esso autoritratto, maschera, caricatura, finanche camuffamento – con la questione della definizione dell’individuo? Possiamo considerare il ritratto la rappresentazione visiva di un nome proprio? C’è un rapporto di identità tra il ritratto e l’individuo che rappresenta? 

«A viso a viso» – come scrisse Alessandro Manzoni – uomini e donne si incontrano, e si scontrano anche, scambiandosi sguardi, gesti e parole, osservati da altri uomini e altre donne in una dimensione pubblica e praticabile all’interno della quale emerge la lotta al riconoscimento che anima la pratica ritrattistica. 

Secondo una fenomenologia che attraversa secoli, periodi, avanguardie, canoni e culture differenti, Vis-à-vis prende le mosse dalle diverse possibilità della pratica figurativa a cui la ricerca del vero, fin dal secolo dei lumi, diede impulso decisivo. Cortocircuitando la tradizionale modalità percettiva all’interno dello spazio espositivo, la mostra favorisce l’interazione sociale e dei comportamenti degli individui, ritratti e in visita, che si incontrano a viso a viso e gli uni sotto lo sguardo degli altri.  Ne scaturisce un’indagine che tratta la questione del ritratto in stretta reciprocità con quella dell’individuo e con quella della rappresentazione.

Guardando al passato, la ricerca del vero ha caratterizzato una larga parte del Settecento dando nuovo impulso a due generi che più degli altri apparivano assecondare questo intendimento: il ritratto e la natura morta. L’uso di far dipingere e conservare gelosamente l’effigie dei propri cari si estese dalle classi aristocratiche alla borghesia di grande e media fortuna facendo sì che sempre più artisti affrontassero il genere. I pittori marchigiani non fecero eccezione a quanto detto e, anzi, seppero dare nuova linfa e lustro al genere proponendo alcuni dei modelli della ritrattistica più avanzati del Secolo, almeno fino alla decodificazione del ritratto da Gran Tour di Pompeo Batoni.

Attraverso la selezione di opere esposte, la mostra si propone di dare conto sia dell’evoluzione del genere artistico del ritratto, sia di alcuni fra gli esemplari settecenteschi più importanti, vividi e a volte sorprendenti. Emergono così anche le diverse possibilità all’epoca affidate al pittore stesso, di caratterizzare la figura con l’ambiente circostante, di inserire elementi che richiamassero il ruolo sociale e le passioni del soggetto ritratto, tanto quanto la profondità della lettura psicologica, che dipendeva spesso anche dal livello di confidenza che legava l’artista all’effigiato.

Artisti

Piantina - Musei Macerata

Piano 2 – Arte moderna

Matthew Attard
Malta, 1987. Vive e lavora a Malta
La ricerca di Matthew Attard esplora attivamente i metodi di disegno con la tecnologia eye-tracking. Attard, che rappresenta Malta alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, è fortemente interessato a collocare la sua pratica nell’ambito del disegno contemporaneo attraverso un approccio multimediale che ne evidenzia la natura versatile, performativa e temporale. I suoi progetti di disegno coinvolgono alcuni dei seguenti temi e concetti: l’estensione della linea all’interno di spazi tridimensionali; la sovrapposizione di più punti di vista; la dataficazione della linea; il disegno con la tecnologia; le nozioni di vedere e guardare; l’incarnazione tecnologica; la sovversione dei dati (e di altri aspetti tecnologici); le conversazioni socio-politiche; la rappresentazione contemporanea di noi stessi. 

Nel 2021 ha tenuto la sua ultima mostra personale, “rajt ma rajtx… naf li rajt” presso Valletta Contemporary, che ha ospitato anche il progetto collaborativo “Ħars fuq ħars”. Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in gallerie, fiere d’arte, progetti curati e musei. Nel 2018 ha ricevuto il Premio Euromobil Under 30 ad ArteFiera, Bologna. Nel 2019 è stato selezionato per la terza volta per esporre durante Ten Artists to Watch al LACDA (Los Angeles Centre for Digital Arts) e anche per partecipare ad Artissima Telephone presso gli spazi delle OGR di Torino. Nel 2020 ha fatto parte del progetto online “Re-Index”. Nel 2021 Matthew è stato selezionato per il Lumen Prize for art and technology, a Londra. Nel 2024 Matthew Attard rappresenta Malta alla Biennale di Venezia, è la prima volta nella storia del Council che il padiglione viene assegnato a un solo artista di origini maltesi.

Luigi Bartolini
Cupramontana, 1892 – Roma, 1963.
Tra i migliori incisori italiani contemporanei, Luigi Bartolini, artista polimorfo, nasce in un piccolo borgo delle colline anconetane e studia a Siena, Roma e Firenze. La sua attività di incisore inizia nel 1914 a Macerata, ma viene presto interrotta dall’impegno al fronte nel corso della Prima Guerra Mondiale. Successivamente al conflitto, la sua carriera si sviluppa in una molteplicità di attività creative differenti eppure tutte felici: è insegnante, pittore e scrittore. Nel 1928 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia: vi prenderà parte per il resto della sua vita e, nel 1942, vi presenterà ben 30 dipinti e 60 incisioni entusiasticamente accolti dalla critica. Nel 1931 è presente alla Prima Quadriennale di Arte Nazionale – che gli dedicherà una retrospettiva postuma – presso Roma.

Il quinquennio 1933 – 1938, in cui Bartolini viene prima incarcerato e poi sorvegliato politicamente per l’accusa di intrattenere rapporti epistolari con i fuoriusciti, ferve di attività e successi: ottiene le medaglie d’oro e di bronzo all'”Exposition Internationale des Arts et des Techniques” di Parigi. Già autore di racconti e articoli, nel 1946 pubblica il romanzo Ladri di biciclette, da cui sarà tratto un film omonimo vincitore di Oscar. Nel 1960 viene insignito del titolo di Accademico di San Luca e della medaglia d’argento per i Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte.

Marco Cingolani
Italia, 1961. Vive e lavora a Milano
Maestro del colore, nelle sue opere il colore diventa spesso una serie continua di sovrapposizioni, sfumature e graffi, trasparenze accanto a zone timbriche, colore che copre altro colore, aggiungendo toni e sfocature. Il suo lavoro si è sempre concentrato sulla possibilità di cancellare il potere normativo dell’immaginario mediatico, sottoponendolo alla “cura” radicale dell’Artista, nella certezza che l’Arte fornisca un punto di vista decisivo per leggere il mondo. 

Cingolani è sempre stato affascinato dal passaggio dai “pezzi di cronaca” alla Storia e viceversa, e infatti è in questo contesto che è nata più di una serie di opere. Citiamo: la serie di grandi dipinti a olio Le Interviste – in cui i protagonisti sono oppressi dai microfoni dei giornalisti -, la famosa serie dedicata all’attentato a Papa Giovanni Paolo II e al tragico omicidio di Aldo Moro. Questo forte legame con la realtà è espresso nelle sue opere dalla contestualizzazione simbolica di diversi elementi, come i caschi blu del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, i segmenti multicolori dei grafici di Wall Street, le uniformi militari e le bandiere dei partiti politici.

Nel 2009 è stato tra gli artisti invitati a rappresentare l’Italia alla Biennale di Venezia. Nel 2011, al compimento dei 50 anni, la città d’origine gli dedica un’antologica diffusa in tre spazi pubblici. Oltre a numerose mostre collettive, Cingolani è stato protagonista di mostre personali al Museo Pecci di Prato, al Museo Nazionale di Villa Guinigi (Lucca), a Palazzo Strozzi a Firenze, allo S.M.A.K. di Gent e infine a Milano, al PAC Museum.

Maggi Hambling
Sudbury, Suffolk, 1945. Vive e lavora nel Suffolk
Maggi Hambling ha studiato prima a livello locale presso la East Anglian School of Painting and Drawing di Cedric Morris e Lett Haines, poi ha frequentato le scuole d’arte di Ipswich (1962-64), Camberwell (1964-67) e Slade (1967-69). Nel 1980 è stata invitata a essere la prima artista ad avere una residenza per artisti contemporanei alla National Gallery di Londra. I ritratti e gli autoritratti di Hambling condensano i loro soggetti con segni rapidi e gestuali aggrappati a un fondo bianco. All’interno di queste turbolente formazioni pittoriche, immagini più sciolte e astratte emanano una sincerità emotiva che scaturisce dal continuo impegno dell’artista con la vita nel qui e ora. Questi ritratti trasmettono un doppio stato d’animo: umorismo e dubbio, rabbia e gioia, vitalità e mortalità.

Dal 1980 Hambling è stata protagonista di numerose mostre personali, tra cui due alla National Gallery (Londra, 1981 e 2014) e alla National Portrait Gallery (Londra, 1983 e 2009). Altre mostre significative sono state organizzate presso il CAFA Art Museum (Pechino, 2019); la Jerwood Gallery (Londra, 2018); il British Museum (Londra, 2016); Somerset House (Londra, 2015); l’Hermitage (San Pietroburgo, 2013); la Cattedrale di Winchester (Winchester, 2013); il Fitzwilliam Museum (Cambridge, 2010); la Walker Arts Gallery (Liverpool, 2009); il The Lowry (Salford, 2009); l’Abbot Hall Art Gallery (Kendal, 2007); lo Yorkshire Sculpture Park (West Bretton, 1997); e lo Yale Center for British Art, (New Haven, 1981).

Diango Hernandez
Sancti Spíritus, Cuba, 1970. Vive e lavora tra Düsseldorf e l’Avana
Diango Hernandez (dopo una formazione culturale e professionale che dal suo paese natale lo ha portato per qualche anno anche in Trentino, attualmente vive a Düsseldorf, in Germania. La sua pratica artistica, nata dal design e dall’analisi del contesto culturale e politico, si è progressivamente indirizzata verso gli elementi primari dello spazio, della forma e del colore. La sua pittura è così un caleidoscopio che innesca il mistero della pittura, in un gioco di svelamenti, presenze, rincorse funamboliche e apparizioni silenziose

Nel 2009 ha vinto il Premio Rubens per il suo eccezionale contributo al campo dell’arte. Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo ed esplorano temi come l’identità culturale e l’impatto della politica sulla vita quotidiana. I suoi lavori sono stati esposti in diverse istituzioni: Centro Culturale San Fedele (Milano, 2024); Museum Morsbroich (Leverkusen, 2016); Kunsthalle Münster (Münster, 2015); Marlborough Contemporary (Londra, 2013); MART (Rovereto, 2011-2012); Hayward Gallery (Londra, 2010); Neuer Aachener Kunstverein (Aachen, 2007) e Kunsthalle Basel (Basilea, 2006).

Carlo Magini
(Fano, 1720 – 1806)
Nipote di Sebastiano Ceccarini, è con lo zio che acquisisce i rudimenti della pittura e lo accompagna, tra l’altro, a Perugia e a Roma prima di rientrare a Fano dove trascorrerà gran parte della sua lunga esistenza. Al contrario del maestro non riuscirà mai a ottenere una fama e un tenore di vita pari al suo valore artistico, venendo considerato soprattutto copista e pittore classicheggiante. Eppure, il suo primo esempio databile, la pala con i Santi Vincenzo Ferreri e Nicola da Tolentino che intercedono in favore delle anime purganti realizzata per la chiesa parrocchiale di Croce di Caldarola, firmata nel 1742 “Carlo Magini pittore”, al momento esposta al Marec di San Severino Marche, era stato un inizio molto promettente. Di Magini rimangono numerosi ritratti, che aggiungevano più di una nota personale ai modelli forniti da Ceccarini e soprattutto una cospicua produzione di nature morte che hanno dato il la alla riscoperta novecentesca del pittore seguita alle indicazioni preziose di Roberto Longhi nel 1953. Nel genere, Magini fece ricorso a un repertorio solo lievemente variato sul quale esercitare la propria sensibilità pittorica eccezionalmente moderna e internazionale, tanto da poter richiamare alla mente episodi della grande pittura francese e spagnola del tempo. Una sicura matrice illuministica e un uso sapiente e morbidamente orientato della luce permettono agli oggetti di ispirarci sentimenti di quieta poesia malinconica.

Piano 1 – Arte antica

Evgeny Antufiev
Kyzyl, Tuva, Russia, 1986. Vive e lavora a Mosca
Dopo gli studi all’Institute of Contemporary Art (ICA) di Mosca, nel 2009 e nel 2019 vince il Premio Kandinsky rispettivamente nella categoria The Young Artist e Project of the Year. Antufiev riconsegna al mondo fisico il suo contenuto sacrale a lungo perduto, come se reinventasse le cose, i più disparati oggetti. L’artista si serve di tutta la diversità di materiali e oggetti familiari in un micro-atto di creazione: abiti, cristalli, minerali, insetti, marmo, animali, legno, perle.

Ha partecipato alla Triennale Soft Water Hard Stone del New Museum, alla 5ª Biennale industriale d’arte contemporanea degli Urali, a Manifesta 11 (Zurigo) e 12 (Palermo) e alla Garage Triennale di Arte Contemporanea (Garage Museum di Mosca). Negli anni Antufiev ha esposto in alcuni dei più importanti musei: Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (Roma, 2021); V-A-C Foundation (2021); MHKA – Museo di Arte Contemporanea di Anversa (2021 e 2017); (Fondazione Cartier (Parigi, 2019); Chiesa di San Giuseppe delle Scalze (Napoli, 2019); Multimedia Art Museum (Mosca, 2018 e 2014); Museo Konekov (Mosca, 2018); MOSTYN (Galles, 2017); Whitechapel Gallery (Londra, 2016); MMOMA (Mosca, 2015); Collezione Maramotti (Reggio Emilia, 2013); New Museum (New York, 2011) e Palais de Tokyo (Parigi, 2012).  

Le sue opere sono presenti nelle più importanti collezioni di musei e istituzioni internazionali:, tra cuiCredit Suisse Collection; International Kiasma Museum, Helsinki; TATE Modern, Londra; Collezione Maramotti, Reggio Emilia; MHKA – Museum of Contemporary Art, Anversa; Moscow Museum of Modern Art, Mosca; Multimedia Art Museum, Mosca.

Sebastiano Ceccarini
(Fano, 1703 – 1783)
Artista poliedrico e pieno di iniziativa, il fanese Ceccarini aveva ricevuto una formazione artistica profondamente legata agli insegnamenti ricevuti da Francesco Mancini, altro marchigiano di successo a Roma, che lo aveva condotto con sé nel corso dei suoi numerosi viaggi di lavoro, visitando inoltre, a quanto ricordato dallo stesso pittore, Bologna, Venezia e Firenze. Emancipatosi dalla pittura locale, che in ogni caso forniva esempi di altissimo livello, Sebastiano si era potuto mettere alla prova in patria con la Vergine che appare ai quattro santi protettori della città di Fano probabilmente orgogliosamente inviata da Roma, oggi nelle collezioni comunali di Fano, nella quale esponeva la sua precoce maturità artistica che omaggiava il maestro e tradiva la predilezione per modelli reniani e maratteschi che caratterizzeranno molta della sua produzione storica e religiosa. Questa però non gli ha però regalato la stessa fama che gli ha invece garantito l’attività di ritrattista instancabile, che con estrema maturità aveva saputo declinare secondo le diverse sensibilità e intonazioni del personaggio ritrattato. Ne fanno mostra, tra gli altri, i Cinque sensi (Pesaro, Collezione privata), il Ritratto del Cardinale Fabrizio Spada (Roma, Galleria Spada) e le due tele dedicate alla Contessa Elisabetta Gabuccini Passionei  (Fossombrone, Pinacoteca Civica, Fano, Pinacoteca Civica).

Fabrizio Cotognini
Macerata, 1983. Vive e lavora a Civitanova Marche
Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Macerata in Pittura e Scultura nel 2009, ha partecipato a numerose mostre. Caratterizzato da un costante rimando all’antico rivisitato in chiave contemporanea e dall’utilizzo privilegiato del disegno, elemento cardine di una ricerca che si avvale anche delle possibilità dei nuovi media, il lavoro di Fabrizio Cotognini cattura al suo interno varie declinazioni dell’orizzonte archeologico e storico- artistico. Il tempo, la memoria e la storia sono, nella sua ricerca, figure maestose, capovolte, stravolte o incurvate in un apparato scenico teso a sospenderne la stabilità. Si tratta di un discorso in cui la parola sposa l’immagine in un serrato dialogo fra segno, disegno e scrittura che si fa luogo di contemplazione e, nel contempo, di concentrazione riflessiva. Ma anche apparente nota a margine che ricorda le intime delizie di un libro antico, di una miniatura tardogotica o di un raro decoro che lascia intravedere la scrupolosa cura per ogni singolo particolare.

Mostre personali gli sono state dedicate da Fondazione Morra Greco Napoli, 2024); Museo Palazzo Buonaccorsi (Macerata, 2021); Teatro anatomico archiginnasio Bologna (Bologna, 2019); Palazzo Ducale (Urbino, 2019); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino, 2018); Museo Archeologico di Potenza (Potenza, 2016); American Academy in Rome (Roma, 2016). Tra le mostre collettive si ricordano quelle presso Palazzo Pianetti (Jesi, 2023); Pastificio Cerere (Roma, 2021); Kunstalle west  (Bolzano, 2019); Parco del Palatino e Fori Imperiali (Roma, 2019); Parco Archeologico di Pompei (Pompei, 2019). Cotognini ha partecipato a Manifesta12 (Palazzo Mazzarino, Palermo, 2018) e sue opere sono presenti in importanti collezioni private e pubbliche di musei e istituzioni.

Leiko Ikemura
Tsu, Giappone, 1952. Vive e lavora tra Berlino e Colonia
Leiko Ikemura si trasferisce in Europa nel 1973, dove studia arte all’Università di Siviglia. Per diversi anni vive in Svizzera, dove sviluppa i suoi disegni espressivi e i dipinti di grande formato nei primi anni ’80, iconici nel suo lavoro. Il 1979 è l’anno della sua prima personale alla Galerie Regenbogen di Luigi Kurmann, a Lucerna in Svizzera. Nel 1983 riceve la borsa di studio per artisti “Stadtzeichnerin von Nürnberg” da Faber-Castell e dalla città di Norimberga. Nel 1985 si trasferisce prima a Colonia e poi a Berlino, dove diventa professoressa alla Universität der Künste nel 1991.

Negli ultimi decenni Leiko Ikemura si è concentrata sui paesaggi, monumentali e cosmici, che parlano del cambiamento come principio metafisico e che attingono da riferimenti culturali europei ma anche propri della sua terra natale, il Giappone. Nelle sue opere, fra i diversi temi che affronta, esprime la sua preoccupazione per il nostro pianeta: gli esseri umani e la natura si fondono, le sculture a forma di testa sono creature ibride con un volto umano e piccoli alberi al posto delle orecchie.

Nel 2021 presso il Sainsbury Center di Londra è stata presentata la mostra personale “Leiko Ikemura: Usagi in Wonderland”. Un’ampia retrospettiva le è stata dedicata nel 2019 presso il National Art Center di Tokyo e il Kunstmuseum di Basilea. La sua personale più recente è “Leiko Ikemura. Año del usagi” (Year of the Usagi) presso il Museo de Arte de Zapopan, in Messico. Oltre a importanti personali presso il Nevada Museum of Art di Reno, il Museum für Ostasiatische Kunst di Colonia e Museo Nazionale di Arte Moderna di Tokyo, i suoi lavori sono stati esposti in Europa, Stati Uniti, Asia e Australia.

Annette Messager
Berk-sur-Mer, Francia, 1943. Vive e lavora in Francia
Annette Messager sin dagli anni Settanta sperimenta mediante l’impiego di diversi materiali, dall’“object trouvé” alle fotografie, dal ricamo ai libri, dai tessuti alla scrittura, dai metalli ai led elettronici, dai disegni al materiale video passando per giocattoli e animali imbalsamati. La sua ricerca è incentrata sul tema della frammentazione e della dualità nella realtà personale e sociale, sulla divisione tra scienza e natura, uomo e donna, arte e vita. Allo scopo di appropriarsi di esperienze attraverso il tempo, ha accumulato e manipolato oggetti, immagini, fotografie, creando album su argomenti come le convenzioni sociali e i rituali estetici del mondo femminile.
Da Los Angeles, New York e Chicago, il lavoro di Messager è stato esposto nei più importanti musei di tutto il mondo: Musée d’art moderne de la Ville de Paris (Parigi); Centre Pompidou (Parigi, 2007); Mori Art Museum (Tokyo, 2008); Zacheta National Gallery (Varsavia, 2010); e Villa Medici (Roma, 2017). Ha ricevuto il Leone d’oro alla Biennale di Venezia per l’installazione Casino (2005), presente nel padiglione francese e nel 2016 è stata insignita del Praemium Imperiale dalla Japan Art Association.

David Reimondo
Genova, 1973. Vive e lavora a Milano. 
Dopo le prime esperienze genovesi nella video documentazione, David Reimondo a metà anni ’90 studia a Roma diplomandosi in regia cinematografica iniziando a lavorare sui set cinematografici e di videoclip musicali. Nel 2000 si trasferisce a Londra dove approfondisce sempre di più il suo lavoro nelle arti visive. Il lavoro di Reimondo s’incentra sull’essere umano e fin dall’inizio si pone cinque tematiche di ricerca da sviluppare progressivamente nel tempo: “Anime”, “Cellule”, “Corpo”, “Pensiero” e “Interazione”. È il 2010 l’anno che vede l’inizio del nuovo capitolo dedicato al “Pensiero”, attualmente ancora in corso. Etimografia, Le parole che non esistono e Cromofonetica sono i tre campi d’indagine compresi in questo tema di ricerca.

Fra le principali mostre personali ricordiamo: Museo Novecento (Firenze, 2019); Mazzoleni (Torino, 2019); Teatro Filodrammatici (Milano, 2018); The Open Box (Milano, 2017); Di Meo Gallery (Parigi, 2010); Gian Enzo Sperone Gallery (Sent, 2009). Tra le numerose esposizioni collettive cui il lavoro dell’artista ha preso parte ricordiamo: Fondazione Peccioli per l’Arte (Peccioli, 2021); Galleria d’Arte Moderna di Torino (Torino, 2020); Palazzo Palmieri (Monopoli, 2017); The Open Box (Milano, 2017); Unicredit Pavilion (Milano, 2015); Fondazione Piero Manzoni (Milano, 2014); Musée Hotel des Arts (Tolone, 2013); CoCA Centro d’Arte Contemporanea Znaki Czasu (Toruń, 2012); Winzavod Centre for Contemporary Art (Mosca, 2011). Reimondo ha partecipato alla II^ Malindi International Biennale of art (Kenya, 2008); alla IX^ Cairo International Biennale (Egitto, 2003); alla II^ Biennale Méditerranéenne des Arts de Tunis (Tunis, 2002). Nel 2013 vince il Premio Terna 05 con l’opera “Poesia di 3 metri: io e gli altri”.

Kiki Smith
Norimberga, Germania, 1954. Vive e lavora a New York
Kiki Smith ha inaugurato un’ambiziosa ricerca sulla mortalità e sulla fisicità del corpo umano creando opere che esplorano gli organi del corpo umano, come sculture del cuore, polmoni, stomaco, fegato e milza.

Nel 1982 Smith realizza la sua prima mostra personale al The Kitchen. Da allora il suo lavoro è stato esposto nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo e ospitato in centinaia di importanti mostre collettive, tra cui alla Whitney Biennale di New York (1991, 1993, 2002); alla Biennale di Firenze (1996-1997; 1998); e alla Biennale di Venezia (1993, 1999, 2005, 2009, 2017). Ha esposto al Museo delle belle arti di Montréal e al Modern Art Museum (Fort Worth, 1996 – 97); al Museum of Contemporary Art di Los Angeles (Los Angeles, 1996 – 97); all’Irish Museum of Modern Art (Dublino, 1997 – 98); all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden (Washington, 1998); al Carnegie Museum of Art (Pittsburgh, 1998); St. Louis Art Museum (1999-2000); all’International Center of Photography (2001). Nel 2005 la retrospettiva “Kiki Smith: A Gathering, 1980-2005” ha debuttato al San Francisco Museum of Modern Art. In seguito un’estensione della mostra è stata portata al Walker Art Center di Minneapolis e poi al Contemporary Arts Museum Houston, al Whitney Museum of American Art di New York e infine a La Coleccion Jumex di Ecatepec de Morelos.

Le opere di Kiki Smith sono entrate a far parte di più di 30 collezioni in tutto il mondo, tra cui Art Institute of Chicago; Bonner Kunstverein (Bonn, Germania); Cleveland Museum of Art; Corcoran Gallery of Art (Washington, DC); High Museum of Art (Atlanta, GA); Irish Museum of Modern Art (Dublino); Israel Museum (Gerusalemme); Speed Art Museum (Louisville, KY); Los Angeles County Museum of Art; Louisiana Museum of Modern Art (Humlebæk); McNay Art Museum (San Antonio); Metropolitan Museum of Art (New York, NY); Moderna Museet (Stoccolma); Museum of Fine Arts (Boston); The Museum of Fine Arts (Houston); MoMA (New York); San Francisco Museum of Modern Art; TATE (Londra); Victoria and Albert Museum (Londra); Virginia Museum of Fine Arts (Richmond); Wadsworth Atheneum (Hartford) e Whitney Museum (New York).

Piano 0 – Sale mostre temporanee

Eduardo Arroyo
Madrid, 1937 – Madrid, 2018
Eduardo Arroyo è stato tra i maggiori esponenti della Figurazione narrativa. Artista impegnato e critico, oltre che fine letterato, l’artista ha sempre visto la pittura soprattutto nella sua capacità di raccontare una storia. Nel 1958 per sottolineare la sua opposizione al franchismo, fuggì dalla Spagna per raggiungere Parigi dove visse fino al 1982. L’ossessione dell’esilio e una storia profondamente conflittuale furono il nutrimento della sua pittura, da un lato sarcastica e polemica, dall’altro intrisa di lirismo e disincantata ironia. A partire dagli anni 70 l’artista ha usato tecniche pittoriche e soggetti sempre più vari, creando puzzles e sovrapposizioni, mescolando cultura alta e bassa, impegnato a costruire un universo ed un immaginario fortemente personali. Nella ricerca di un nuovo linguaggio figurativo Arroyo ha sempre rifiutato le forme contemporanee della pittura astratta e, pur criticando la retorica della pittura militante, ha affidato alle immagini un messaggio di demistificazione culturale e di denuncia politica e sociale. 

Dal 1958, a Parigi, ha preso parte a vari Salons de la Jeune Peinture e nel 1965 alla mostra “La figuration narrative”. Dopo la morte di Franco torna nel 1976 in Spagna e l’anno seguente espone a Barcellona, Madrid e Valencia; nel 1982 riceve il premio nazionale per le arti plastiche e a Madrid allestisce una retrospettiva, come anche al Centre Georges Pompidou a Parigi. Il Guggenheim Museum di New York gli dedica una personale nel 1984.

Enzo Cucchi
Morro d’Alba, 1949. Vive e lavora tra Roma e le Marche
Enzo Cucchi è considerato l’artista più visionario tra gli esponenti della Transavanguardia. Sin dall’inizio della sua carriera si impone come autore di grande originalità rispetto al panorama concettuale degli ultimi anni ‘70. Per lui la pittura, la scultura e il disegno sono gli strumenti necessari per esternare la propria interiorità, un filo diretto col proprio inconscio; le sue immagini appartengono ad un universo poetico spesso allusivo al mondo popolare e alla sua cultura. 

Negli anni ha realizzato opere permanenti per diverse città: il mosaico Tel Aviv-Jaffa Mosaic per il Museum of Art di Tel Aviv, la ceramica monumentale per l’Ala Mazzoniana della Stazione Termini a Roma, i due lavori in ceramica per la Stazione Salvador Rosa, progettata da Mendini, nella metropolitana di Napoli, il mosaico per l’aula delle udienze del nuovo Palazzo di Giustizia di Pescara, gli affreschi della Cappella di Monte Tamaro, vicino a Lugano, progettata dall’architetto Mario Botta e l’ideazione del sipario del teatro La Fenice di Senigallia. Protagonista di numerose mostre personali, Cucchi ha preso parte a mostre collettive nei più importanti spazi espositivi italiani e stranieri come la Kunsthalle di Basilea, il Solomon R. Guggenheim di New York, la Tate Gallery diLondra, il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Castello di Rivoli (To), il Palazzo Reale di Milano, il Sezon Museum ofArt di Tokyo, l’Accademia di Francia-Villa Medici a Roma, e il Musée d’art moderne di Saint-Étienne Métropole. Ha partecipato, inoltre, alle rassegne d’arte contemporanea più significative a livello internazionale tra cui La BiennaleInternazionale d’arte di Venezia, Documenta a Kassel e la Quadriennale d’Arte di Roma.

Pier Leone Ghezzi
(Roma, 1674 – Roma, 1755)
Nato a Roma ma profondamente legato alle Marche, Pier Leone Ghezzi vede la sua fioritura artistica al fianco del padre Giuseppe, pittore e segretario dell’Accademia di San Luca nativo di Comunanza, e con la ‘benedizione’ di Carlo Maratti che fu suo padrino di cresima. Abbastanza precoce, Pier Leone sperimentò tutti i generi pittorici affrancandosi con la propria dirompente personalità dai modi accademici più puri per raggiungere la piena fama con uno stile improntato a tocchi di verismo e di pittura di genere. Se tra i suoi capolavori si possono ricordare le decorazioni parietali a Villa Falconieri a Frascati e nella Galleria del Palazzo papale di Castel Gandolfo, sarà necessario ricordare che la sua brillante carriera fu favorita dal precoce ingresso tra gli accademici di San Luca e dall’apprezzamento di numerosi papi, in primis Clemente XI Albani. Fondamentale il suo apporto al genere del ritratto, affrontato con un piglio innovativo che, facendo ricorso a elementi di verità, leggeva la personalità del ritrattato con modalità innovative, fresche e spesso informali anche al cospetto di figure importanti. Questo taglio modernissimo gli era stato possibile grazie alla lunga produzione caricaturale, genere che Ghezzi porterà a nuove vette oltre che a sdoganare dall’ambito più privato, fino a fornire un punto di vista privilegiato sula società romana, ma non solo, del secolo dei lumi.

Anthony Gormley
Londra, 1950. Vive e lavora in UK
Negli ultimi 25 anni, Antony Gormley ha dato alla figura umana nella scultura un nuovo significato, prendendo le proporzioni del proprio corpo come punto di partenza. Dal 1990 ha lavorato a progetti su larga scala come Allotment, Critical Mass, Another Place, Domain Field, Inside Australia e più recentemente Blind Light.

Il lavoro di Antony Gormley è stato ampiamente esposto nel Regno Unito con mostre personali alla Whitechapel Art Gallery, alla Tate Gallery, alla Hayward Gallery, al British Museum e alla White Cube Art Gallery (tutte a Londra), e in musei internazionali come il Louisiana Museum of Modern Art di Humlebaek, Danimarca, Corcoran Gallery of Art di Washington DC, Stati Uniti, Irish Museum of Modern Art di Dublino, Irlanda e Kölnischer Kunstverein di Colonia, Germania.

Gormley ha partecipato a importanti mostre come la Biennale di Venezia e il Documenta 8 a Kassel nel 1987 e nel 2006 alla Sydney Biennale con il suo lavoro “Asian Field”. Ha ricevuto il Turner Prize nel 1994, l’onorificenza dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 1997 e il South Bank Prize for Visual Art nel 1999. Nel 2007 è stato insignito del Bernhard Heiliger Award for Sculpture.

Jiri Kolar
Protivín, 1914 – Praga, 2002
Artista e poeta multiforme, ironico e fantasioso, anche nel costante impegno civile e sociale, Jiri Kolar ha attraversato differenti periodi nella sua lunga attività: partito da esperienze pittoriche si concentrò poi sulla poesia in versi (facendo parte del “Gruppo 42”) per approdare negli anni ’50 alla Poesia visuale, espressa in modo variegato con l’uso di diversi materiali e tecniche, per culminare in una serie di opere assimilabili alla Poesia concreta teorizzata dal filosofo tedesco Max Bense e praticata a Praga. 

I suoi collage più importanti sono stati realizzati con testi stampati o scritti, poi Kolar li creò con vecchie incisioni o riproduzioni di quadri celebri iniziando un lavoro sistematico – anche in grande formato – con anticollage, collage tattili e narrativi, froissage, poesie perforate, rollage, ventilage e altre varianti che non abbandonò mai, insieme alla costruzione di oggetti in legno che lo riportavano alla giovanile esperienza di falegname.

Verso la fine degli anni ‘60 espone in Germania e in Brasile dove nel 1969 viene premiato alla X Biennale di San Paolo, quindi in Canada e in Giappone. Nel 1975, nel 1978 e nel 1985 il Guggenheim R. Solomon Museum di New York gli dedica tre importanti mostre personali. Il lavoro di Kolar è stato esposto anche nel Museo di Dusseldorf (1980); al Centro Pompidou (Parigi, 1982); al PAC (Milano, 1982); al Museo di Norimberga e al Museo di Oxford (1984). Nel 1990 partecipa alla Biennale di Venezia e nel 1991 riceve il Premio Seifert e viene nominato cittadino onorario di Praga. Post mortem, nel 2012, il MOCAK di Cracovia gli dedica un’importante retrospettiva, l’anno successivo, nel 2013 la Kunstforum ostdeutsche Galerie di Regensburg in Germania ospita una sua importante antologica, mentre nel 2021 è la volta del Museum Kampa di Praga.

Mark Manders
Vonkel, Paesi Bassi, 1968. Vive e lavora in Belgio
Mark Manders ha delineato nel 1986 il concetto della sua opera, l’Autoritratto come edificio. In cerca dell’atemporalità e dell’universalità, l’artista utilizza forme archetipiche e materiali dall’aspetto familiare come l’argilla, l’acciaio e il legno – anche se, sfumando il confine tra realtà e illusione, spesso diventa difficile distinguere quando Manders sta effettivamente integrando il legno naturale o solo un’imitazione del legno dipinto.

Mark Manders ha esposto al Museum of Contemporary Art (Tokyo, 2021); al 21st Century Museum of Contemporary Art (Kanazawa, 2020); al Bonnefanten (Maastricht, 2020); al Centro Galego de Arte Contemporanea di Santiago de Compostela (2014); alla Collezione Maramotti (Reggio Emilia, 2014); al De Vleeshal (Middelburg, 2014); al Carré d’Art – Musée d’art contemporain di Nîmes (2012), all’IMMA (Dublino (2005); The Art Institute di Chicago (2003); The Renaissance Society (Chicago, 2003); al Pinakothek der Moderne (Monaco di Baviera, 2003) e molti altri. Ha partecipato a mostre collettive al Museum of Contemporary Art di Tokyo (2019); alla Fondazione Prada (Milano, 2018); al Museu Berardo (Lisbona, 2018); al MARTa Herford (Herford, 2017); al Wiels di Bruxelles (2017); al Museum Voorlinden di Wassenaar (2016), al Kunstmuseum di Bonn (2016); al Louvre (Parigi, 2015); allo SMAK (Gent, 2015); al Guggenheim Museum (New York, 2015); al Palais de Tokyo (Parigi, 2014); al Belvedere 21 (Vienna, 2014); al Wadsworth Atheneum Museum of Art (Hartford, 2012); alla Menil Collection di Houston (2012); alla David Roberts Arts Foundation (Londra, 2012); MoMA (New York, 2012); all’Institute of Contemporary Art (Philadelphia, 2011), alla DESTE Foundation (Atene, 2011); Kunsthalle di Berna (2010) e molti altri.

Nel 2013 Manders ha rappresentato i Paesi Bassi alla 55. Esposizione Internazionale d’Arte – Biennale di Venezia, dopo aver partecipato alla 49^ edizione (2001). Ha inoltre preso parte agli Ateliers de Rennes (2016); alla I^ Biennale di Atene (2007) e a Manifesta 5 (San Sebastián, 2004).

Carlo Maratti
Camerano 1625 – Roma 1713
Nato nel 1625 a Camerano nei pressi di Ancona, Carlo Maratti ha svolto molta della sua formazione e della sua attività pittorica a Roma, dove si sarebbe trasferito quando aveva circa undici anni. La sua formazione si divide così tra la feconda frequentazione della bottega di Andrea Sacchi, al quale rimarrà legato fino alla morte del maestro e lo studio degli esempi pittorici che questo gli additava, ossia la corrente classicista bolognese cui apparteneva Francesco Albani e Raffaello. Sarebbe stato così che, mentre Roma viveva la sua stagione barocca, Maratti si andava guadagnando i galloni da portabandiera del classicismo dell’Urbe, che egli stesso porterà al trionfo nella seconda metà del Seicento indirizzando poi l’arte del secolo avvenire quando diverrà, più precisamente dal 1699, Principe dell’Accademia di San Luca, riconoscimento che gli sarà garantito a vita da Clemente XI Albani, che lo nominerà inoltre Cavaliere di Cristo. Celebre per le sue misurate pale d’altare che non mancavano di meditare sui modelli compositivi veneziani, Maratti fu anche innovatore nel genere del ritratto, a partire dall’aulica tela dedicata a Clemente IX, nota in più versioni tra le quali si segnala quella della Pinacoteca Vaticana, raggiungendo un altissimo apice col Ritratto allegorico del marchese Niccolò Maria Pallavicini guidato da Apollo al tempio della virtù (Stourhead, Wiltshire, The National Trust). Non si può infine tralasciare di citare il notevole Ritratto della figlia Faustina come allegoria della pittura (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Corsini).

Roman Opałka
Hocquincourt, Francia, 1921 – Chieti, 2011
Grandissimo maestro di origini polacche, Roman Opalka ha dedicato la propria esistenza al tempo e ha visto l’arte identificarsi con l’esistenza stessa. Nel 1965 ha inciso il primo Détails di un’opera che ben presto è diventata un vero elogio alla vita e allo scorrere del tempo: OPALKA 1965/1-∞. L’artista, su di una tela della stessa grandezza della porta del suo studio, segna una numerazione. Le cifre che la compongono sono bianche su sfondo grigio scuro, nette come la materialità terrena.

A cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 è premiato in numerose occasioni: First British International Print Biennial, Bradford (1968), 7a International Biennial Exhibition of Prints e all’Art Museum Ohara, Tokyo (1970), Primo premio del Ministero della Cultura e delle arti della Polonia (1971). Nel 1972 si reca per la prima volta negli Stati Uniti. Quattro anni più tardi incontra quella che diverrà la sua seconda moglie, Marie-Madeleine Gazeau, e si reca a Berlino per un anno grazie alla borsa di studio DAAD. Nel 1977 si trasferisce a Teille, in Francia, e viene premiato alla Biennale di San Paolo. Nel 1985 diventa cittadino francese. Tra il 1985 e il 1990 insegna alla Summer Academy di Salisburgo.

Continua a esporre ricevendo altri premi: il Premio nazionale di pittura, Parigi (1991), e il Premio speciale del Ministero degli affari esteri della Polonia, Varsavia (1996). Nel 1992 espone al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris e nel 1996 rappresenta la Polonia alla Biennale di Venezia. Nel 2002-03 un grande antologica della sua opera è esposta in varie città europee. Nel 2009 è insignito del titolo di Chevalier des Arts et des Lettres a Parigi, e della Medaglia d’oro Gloria Artis a Varsavia. Dal Centre Pompidou al MOMA, le opere di Opalka sono state esposte nei musei più importanti al mondo.

Laura Paoletti
Jesi, 1985. Vive e lavora a Civitanova Marche
Partendo da un dialogo costante con la letteratura, la poesia e la mitologia, la ricerca artistica di Laura Paoletti si fa catalizzatore di immagini e visioni, resti del passato e archetipi universali, proponendo un immaginario in bilico tra sogno e realtà, tra apparizione e sparizione. Attraverso il disegno, l’acquarello e l’installazione l’artista proietta l’io intimistico all’interno della storia, ponendosi così in relazione con lo spettatore.

Negli ultimi quindici anni, e sue opere sono state esposte, tra gli altri, presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (2024); la Pinacoteca Provinciale di Potenza (2019); l ’Istituto Comprensivo Sandro Pertini (Torino, 2017); Serra de’ Conti (Ancona, 2014); Mediterranea 16 (Ancona, 2013); Istituto Italiano di Cultura (Varsavia, 2013); ZAK Project Space (Castello di Monteriggioni, 2013); Associazione Culturale Polski Kot (Torino, 2012); Sala Del Podestà (Rimini, 2011); Galleria degli Antichi Forni (Macerata, 2012 e 2011); Teatro Testoni Ragazzi (Bologna, 2011); Palazzo delle Esposizioni (Roma, 2011); Galleria Pubblica Mirionima (Macerata, 2011); Palazzo Buonaccorsi (Macerata, 2010); Palazzo Lazzarini (Morrovalle, 2010); Palazzina Espositiva (Tolentino, 2008) e Palazzo Venieri (Recanati, 2008).

Klaus Rinke

Bochum-Wattensched, Germania, 1939. Vive e lavora tra Linz e Los Angeles
Klaus Rinke è uno dei fondatori della Scuola di Düsseldorf insieme a Sigmar Polke, Gerhard Richter, Blinky Palermo e Günther Uecker. Ha lavorato anche con Joseph Beuys, Bernd e Hilla Becher. Molto attivo sulla scena internazionale già negli anni ‘60, l’artista ha lavorato a fianco e attraverso i grandi movimenti radicali come la Body Art, la Land Art o l’Arte Concettuale, senza che il suo lavoro fosse mai riducibile a una sola di queste problematiche. Accanto a una pratica regolare di disegno e pittura, Klaus Rinke ha sviluppato un corpus di opere come scultore nel senso ampio del termine, utilizzando mezzi estetici alla frontiera dell’arte e della scienza con l’obiettivo di suscitare la coscienza dei dati essenziali dell’esperienza: tempo, spazio, gravità. Utilizzando strutture elementari in cui prevalgono l’acqua e il metallo, cerca di comprendere la dimensione fisica e materiale dell’universo e, attraverso questa, di tracciare la strada verso una riflessione sul metafisico.

Tra le numerose esposizioni, Klaus Rinke è stato due volte a Documenta Kassel, due volte alla Biennale di Venezia e ha tenuto mostre personali in alcuni dei più importanti musei del mondo come il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, la Tate Modern di Londra, il CCCOD di Tours, il Museum Kuppersmuhle di Duisburg e la Haubrok Foundation di Berlino. Attualmente vive e lavora tra Linz, in Austria, e Los Angeles, negli Stati Uniti. 

Piano -1 – Museo della Carrozza

Joseph Beuys
Krefeld, 1921 – Düsseldorf, 1986
Joseph Beuys è tra gli artisti più influenti e rivoluzionari del Novecento. Con la sua arte e la sua pratica artistica, Beuys ha precorso temi e riflessioni più che mai attuali: il rapporto tra uomo e Natura, ecologia, pace, arte intesa come impegno sociale e ricerca spirituale. Beuys è riuscito a vestire se stesso di arte, ponendosi all’interno dell’opera stessa, evidenziando così il potere antropologico di tutta l’arte. Il bisogno di parlare, comunicare, di esprimersi con qualsiasi mezzo, ha trovato piena risposta nel lavoro della sua intera vita e nelle sue performance, o Aktionen, come le definiva, in cui utilizza innovativi espedienti espressivi e materiali peculiari: celebre è la sua predilezione per il grasso e il feltro, elementi che si collegano alla sua intricata narrazione autobiografica e che ricorrono in tutta la sua produzione artistica. Essere un artista significava per Beuys condurre un’esistenza insieme ad altri, ricercando in un rapporto di fraterna collaborazione quella “elementare e profonda comprensione per ciò che avviene sulla terra”, perché ciò che avviene nel nostro mondo, avviene anche dentro di noi.

Joseph Beuys ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 1976 e nel 1980 e ha preso parte a Documenta a Kassel nel 1982. Nel 1979 è stata organizzata una sua retrospettiva al Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Negli anni gli sono state dedicate mostre in tutto il mondo, tra cui quelle al Seibu Museum of Art di Tokyo, alla Tate Liverpool, al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia a Madrid, al Centre Pompidou di Parigi, alla Tate Modern di Londra, tra le altre. Oggi le sue opere sono conservate nelle collezioni di importanti istituzioni museali internazionali, tra cui la Tate, il MoMA di New York, la Galleria d’Arte Maggiore e il Centre Pompidou di Parigi.

Michelangelo Consani
Livorno, 1971. Vive e lavora tra Castell’Anselmo e San Gimignano
Michelangelo Consani ha sempre rivolto la propria attenzione a quella Storia, che potrebbe essere definita come altrarispetto alla Storia ufficiale, e che si manifesta soprattutto come tensione, movimento vitale, sia a livello individuale – l’individuo come unità parcellare di un insieme che lo comprende – che a livello collettivo per una sorta di induzione simpatica spontanea da individuo ad individuo o a gruppo. 

Dopo una serie di importanti mostre collettive (Artkliazma, Russia; Schunck Glaspaleis, Paesi Bassi; Musée d’Art Contemporain du Val de Marne, Francia; Center for Contemporary Art Celje, Slovenia; Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, Biella), nel 2010 riceve da EX3 Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze il premio come miglior artista under 40. Lo stesso anno, prende parte alla prima Triennale di Aichi, che Akira Tatehata, Masahiko Haito, Hinako Kasagi, Pier Luigi Tazzi e Jochen Volz curano a Nagoya, in Giappone. Nel 2011 realizza una mostra personale presso la Kunstraum di Monaco di Baviera e presso CAMeC Pianozero della Spezia; nel 2012 espone al Museo Pecci di Prato e di Milano e alla Biennale di Dakar. Nel 2013 il Museo di Lissone lo invita a realizzare un progetto speciale in occasione dell’inaugurazione del museo. Recentemente la Kunstverain Milano / Amsterdam / New York ha pubblicato un libro sull’artista. Il libro è stato presentato al PS1 di New York. Nel 2014 espone alla Donwahi Fondation in Abidjan e realizza tre mostre personali: a Tokyo presso la Side 2 Gallery, a Parigi all’interno di Glassbox e a Berlino da Zirkumflex.

Negli ultimi anni il suo lavoro è stato esposto presso Quadriennale di Roma, Fondazione Ragghianti di Lucca, Manifesta12 a Palermo, PAV – Parco Art Vivente di Torino, Nelson Mandela Square, Johannesburg, South Africa, Kunsthalle West Eurocenter Lana, Bolzano, Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, Museo Laboratorio e Museo D’Inverno.

Thomas De Falco
Italia, 1982. Vive e lavora tra Parigi e l’Italia
Thomas De Falco si esprime attraverso la creazione di arazzi, ispirati all’antica arte della tessitura con telaio verticale. C’è qualcosa di magico nella capacità di cucitura dell’artista, una sorta di ballata ancestrale tramandata negli anni; proprio nei materiali, come la lana, il cotone, il lino, la seta, la canapa o il ferro, viene trasmessa una sensazione di purezza al tatto e alla vista.

De Falco lavora manualmente con la tecnica del wrapping, una moltiplicazione incessante di nodi in fitti arazzi. Questa tecnica si basa sull’uso di cardi di lana che l’artista combina manualmente. A seconda di come viene avvolta, la lana può essere distribuita in modo da variare lo spessore e la forma dell’involucro scultoreo, considerando questo l’elemento più caratteristico e personale dell’artista. Le sculture di De Falco si ispirano in particolare alla natura e ai sentimenti e alle emozioni umane. È quindi la performance il mezzo attraverso il quale l’artista dà vita alla propria scultura, collegando l’involucro ai corpi dei performer che si fanno interpreti del suo messaggio artistico.

Thomas De Falco ha esposto in importanti istituzioni tra cui Museo Marino Marini, Fondazione Morra, Triennale Milano, Museo Dell’Ara Pacis, Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, Palazzo Monti, Casa Morra. Il suo lavoro è presente in importanti collezioni pubbliche e private. Nel suo curriculum conta già importanti riconoscimenti, il primo premio all’Award Young Artist, ricevuto a Tokyo nel 2005, e la Medaglia del Castello Sforzesco, assegnatagli a Milano nel 2010.

Maggi Hambling
Sudbury, Suffolk, 1945. Vive e lavora nel Suffolk
Maggi Hambling ha studiato prima a livello locale presso la East Anglian School of Painting and Drawing di Cedric Morris e Lett Haines, poi ha frequentato le scuole d’arte di Ipswich (1962-64), Camberwell (1964-67) e Slade (1967-69). Nel 1980 è stata invitata a essere la prima artista ad avere una residenza per artisti contemporanei alla National Gallery di Londra. I ritratti e gli autoritratti di Hambling condensano i loro soggetti con segni rapidi e gestuali aggrappati a un fondo bianco. All’interno di queste turbolente formazioni pittoriche, immagini più sciolte e astratte emanano una sincerità emotiva che scaturisce dal continuo impegno dell’artista con la vita nel qui e ora. Questi ritratti trasmettono un doppio stato d’animo: umorismo e dubbio, rabbia e gioia, vitalità e mortalità.

Dal 1980 Hambling è stata protagonista di numerose mostre personali, tra cui due alla National Gallery (Londra, 1981 e 2014) e alla National Portrait Gallery (Londra, 1983 e 2009). Altre mostre significative sono state organizzate presso il CAFA Art Museum (Pechino, 2019); la Jerwood Gallery (Londra, 2018); il British Museum (Londra, 2016); Somerset House (Londra, 2015); l’Hermitage (San Pietroburgo, 2013); la Cattedrale di Winchester (Winchester, 2013); il Fitzwilliam Museum (Cambridge, 2010); la Walker Arts Gallery (Liverpool, 2009); il The Lowry (Salford, 2009); l’Abbot Hall Art Gallery (Kendal, 2007); lo Yorkshire Sculpture Park (West Bretton, 1997); e lo Yale Center for British Art, (New Haven, 1981).

Fulvio Morella
Grosio, Valtellina, 1971. Vive e lavora in Valtellina
Fulvio Morella concentra la sua ricerca sul tatto e sulla creazione di opere multisensoriali e inclusive. La relazione tra vista e realtà porta l’artista ad approfondire lo studio del braille, un linguaggio inventato 200 anni fa da Louis Braille – rimasto cieco da bambino – che permette ancora oggi alle persone ipovedenti di scrivere, oltre che di leggere. Dal 2019 Morella dà forma al progetto Blind Wood in cui alla scultura dei primi anni aggiunge il braille, inteso come elemento sia estetico sia portatore di significato. L’alfabeto non è più solamente la base della comunicazione ma un valore universale estetico oltre che morale, uno strumento per riuscire a vedere oltre l’apparenza. A partire dal 2021 l’artista di dedica con interesse e successo crescente all’arte tessile, dando vita a un corpo autonomo di opere, caratterizzato da un “nuovo” alfabeto “braille-stellato” da lui stesso inventato. 

Morella, già protagonista di numerose mostre tra Roma e Milano si presenta nel 2024 all’Institut National des Jeunes Aveugles (INJA) – Louis Braille (Parigi). Nel 2023 gli viene conferito il Premio alla Carriere Alfredo d’Andrade. Sue opere sono presenti in numerose pubblicazioni internazionali come anche in collezioni, sia pubbliche che private, tra cui quella del Museo Nazionale Francese del Braille e della Kunst Historiches Museum Wien.

Vettor Pisani
Bari, 1934 – Roma, 2011
Vettor Pisani è stato uno degli artisti più colti ed enigmatici presente sulla scena artistica italiana del suo tempo. Il suo iter nell’arte ripercorre episodi reali ed immaginari dell’inconscio, attraverso una costante ricerca su temi universali e fuori dal tempo storico e stemperando l’angoscia che affligge l’uomo con una personalissima ironia malinconica permeata di ossimori come la poesia e il sarcasmo, la metamorfosi e il sadismo, la vertigine e la fobia, la filosofia e il furore utopico. Unendo scultura, istallazione, fotografia e performance Pisani concepisce luoghi onirici popolati da vergini, sfingi, marionette, macchine celibi, bambole, simulacri e isole dei morti di Arnold Bocklin che assieme all’analisi della storia dell’arte, della politica, della cultura popolare e delle filosofie ermetiche si sovrappongono tra di loro in maniera altisonante e talvolta autoironica eppure sempre paradossalmente fedele alla concezione di “spazio-tempo sintetico e auto-riflessivo”.

Oltre alla Biennale di Venezia del 1972, Vettor Pisani ha partecipato alle Biennali del 1995, 1993, 1990, 1986, 1984, 1978, 1976 e 1972; alle Quadriennali di Roma del 1992, 1986 e 1973;  alla Nouvelle Biennale de Paris (Parigi, 1985 e 1973) e alla XV Biennale di San Paolo del Brasile (1979). 

In vita ha esposto in tutte le più importanti istituzioni nazionali e internazionali: MACRO (Roma, 2012); Fondazione Morra-Palazzo Ruffo di Bagnara (Napoli, 2011); MART (Rovereto, 2005); Castello di Rivoli (Rivoli, 1997); Galleria Civica d’Arte Contemporanea (Trento, 1992); Diputació de Valencia (Valencia, 1990); Museum van Hedendaagse Kunst (Gent, 1989); Bayerische Staatsgemaeldesammlungen (Monaco, 198); Grand Palais (Parigi, 1987); Solomon R. Guggenheim Museum (New York, 1987 e 1982); Lenbachhaus (Monaco, 1986); Museum Folkwang (Essen, 1982); Hayward Gallery (Londra, 1982); Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma, 1980); Museum of Civic Center (Philadelphia, 1973) e molti altri. Nel 2013, post mortem, il museo MADRE di Napoli gli ha dedicato la prima ampia retrospettiva, dal titolo “EROICA / ANTIEROICA: una retrospettiva”, e nel 2015 è stato tra gli artisti esposti alla mostra “Ennesima” alla Triennale di Milano.

Fuori mostra Buonaccorsi Rings Up 

Nell’ambito della mostra Vis-à-vis, i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi presentano Buonaccorsi Rings Up, un’iniziativa espositiva nata dalla collaborazione con le istituzioni del territorio marchigiano. Il titolo prende giocosamente le mosse dall’atto quotidiano del suonare il campanello, proprio il gesto che precede un incontro. Ed ecco dunque che Buonaccorsi Rings Up permetterà, nella modalità di una sinergia espositiva e collaborativa, di far incontrare «a viso a viso» le opere esposte, gli artisti coinvolti, i visitatori partecipi e i territori circostanti.

Appuntamenti e attività educative

FACCIA A FACCIA!

Attività creative ispirate alla mostra per bambini e famiglie.

Sabato 24 agosto, ore 16.00
Ritrattissimo
età consigliata 6-10 anni

Sabato 21 settembre, ore 16.00
Tratto e ritratto
età consigliata 3-6 anni 

Sabato 26 ottobre, ore 16.00
Ritratto o meme?
età consigliata 6-10 anni

Sabato 16 novembre, ore 16.00
Ritrattomatto
età consigliata 3-6 anni

Costo: 5 euro per ogni appuntamento
  
GULP!
RITRATTI A FUMETTI
Laboratorio creativo per ragazzi dai 12 ai 16 anni dedicato al tema del ritratto e alla tecnica del fumetto
Mercoledì 3, 10, 17 e 24 luglio, ore 10.30
Costo: 5 euro per ogni appuntamento

Visite guidate

VISITE GUIDATE ALL’ORA DEL TRAMONTO 
Due speciali visite guidate della mostra nella tranquillità dell’orario di chiusura del museo
Venerdì 12 luglio, ore 19.00
Venerdì 30 agosto, ore 19.00
La visita guidata è compresa nel costo del biglietto d’ingresso al museo.

VISITE GUIDATE PER RESIDENTI
In esclusiva per i residenti della città di Macerata, due visite gratuite alla scoperta delle opere in mostra
Sabato 5 ottobre, ore 16.00
Sabato 4 gennaio, ore 16.00
La visita guidata è completamente gratuita e riservata ai residenti del Comune di Macerata.

VISITE GUIDATE TEMATICHE
Due appuntamenti per indagare il tema del ritratto nelle sue molteplici sfaccettature
Ruolo politico e status sociale: i tratti del potere
Sabato 28 settembre, ore 16.00
Come è dentro, così fuori: l’introspettivo mondo dell’animo umano nei volti
Sabato 23 novembre, ore 16.00
La visita guidata è compresa nel costo del biglietto d’ingresso al museo.

Per tutti gli appuntamenti la prenotazione è altamente consigliata.
Informazioni e prenotazioni: macerata@sistemamuseo.it / 0733 060279

Orari e tariffe

Novembre/Marzo: da martedì a domenica, 10:00 – 13:00 / 15:00 – 17:30 
Aprile, maggio e ottobre: da martedì a domenica, 10:00 – 13:00 / 14:30 – 18:30 
Luglio/Agosto: 1-18 luglio: 10.00-13.00 / 15.00-19.00 | 19 luglio – 11 agosto: 10.00-19.00 | 13 agosto – 31 agosto: 10.00-13.00 / 15.00-19.00
Settembre: da martedì a domenica, 10:00 – 13:00 / 15:00 – 19:00

La biglietteria chiude 30 minuti prima dell’orario indicato. 

Per maggiori informazioni consulta la pagina dedicata https://www.macerataculture.it/orari_tariffe/ .
Per informazioni: info@maceratamusei.it o 0733.256361

Dicono di noi

Scarica i PDF degli articoli sulla mostra Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei:

Di seguito i collegamenti alle testate online che parlano della mostra Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei:
tv.exibart.com, exibart.com, exibart.com, marchenews24.it, macerataculture.it, itinerarinellarte.itpicchionews.it, arte.go.it, expartibus.it, fattitaliani.itcosedicasa.comlulop.com, liquidarte.itaise.itansa.italtoadige.itgiornaletrentino.itcorrierenazionale.it, exibart.comturismoitinerante.compikasus.com

Locandina della mostra "Vis-à-vis. Ritratti moderni e contemporanei" - Musei Macerata